Bam Adebayo: non dimenticare da dove vieni, ma non perdere mai di vista dove stai andando
In un intervista a GQ, il numero 13 degli Heat ha raccontato alcuni aneddoti della sua vita, spaziando dal suo idolo al rapporto con sua madre e Jimmy Butler.
Il centro dei Miami Heat Bam Adebayo si è raccontato ai microfoni di GQ, incuriosendo tanti appassionati con degli aneddoti sulla sua vita personale, spaziando dai suoi inizi nel basket al rapporto con sua madre e con Jimmy Butler, non trascurando anche la cultura degli Heat e il suo miglioramento negli ultimi anni.
Indubbiamente la stagione che sta vivendo il giocatore di origini nigeriane è quella che convenzionalmente viene detta “di consacrazione”, dopo un’annata eccezionale terminata con l’approdo alle Finals e delle statistiche da assoluto protagonista, la dirigenza gli ha riservato un rinnovo contrattuale di 5 anni a 163 milioni di dollari, cifre che, come potete immaginare, comportano aspettative. Bam ci tiene però a specificare che:
“Le aspettative non mi hanno portato maggiori pressioni, le pressioni sono proprie di altri mestieri, mi hanno conferito semmai maggiori responsabilità, una cosa ben diversa.”
Fin da questa dichiarazione si evince la mentalità di un ragazzo pienamente consapevole della fortuna che lo accompagna, ma ugualmente consapevole del mondo che lo circonda, d’altronde, con un passato come il suo, determinate realtà si dimenticano difficilmente.
Un’infanzia che definire difficile è più che un eufemismo, cresciuto con la sola madre, si rese conto solo al Liceo della differenza economica tra lui e suoi amici quando, come afferma:
“Mi accorsi che la mia casa era diversa da quella dei miei compagni, e cominciai a capire la differenza tra me e loro”.
E non aveva torto, Adebayo infatti viveva con sua madre Marilyn in una roulotte dove si rilassava ascoltando il rumore della pioggia negli stagni circostanti, motivo per il quale ancora oggi ascolta il suono dei temporali per ore prima delle partite, perché come gli ricordava sua madre da ragazzo:
“Non dimenticare da dove vieni, ma non perdere mai di vista dove stai andando.”
Un altro lato della storia che Bam racconta, tanto della sua vita quanto della sua carriera, è quello che concerne la predisposizione al lavoro, sua o di chi, per sua fortuna, lo ha gestito. Questo tratto è riconoscibile fin dai primi approcci con il basket, citando le sue parole:
“Ho iniziato a giocare a basket con mio cugino, per occupare il tempo libero, e col passare delle giornate me ne innamoravo, giocando e guardando le giocate del mio idolo. Kobe”.
Parliamo del 24, uno che in quanto a determinazione, non ha certo bisogno di presentazioni. Bam prosegue poi specificando che le sue uniche capacità da bambino fossero la caparbietà, l’atletismo e poco altro dato che si definisce “Terrible”, non esattamente un complimento.
Inoltre, come già detto in precedenza, si deve anche avere le fortuna di essere circondati da persone determinate a farti migliorare, e Bam non poteva trovare terreno più fertile dei Miami Heat. È lui stesso ad ammettere che:
“A Miami Coach Spoelstra e Pat Riley hanno creato una vera e propria cultura del lavoro che ti porta a superare limiti che mai avresti pensato di superare”.
Il numero 13 degli Heat conclude l’intervista parlando del suo rapporto con Jimmy Butler, che aveva lasciato spazio a fin troppe speculazioni dopo una “critica” che il compagno aveva mosso nei suoi confronti nei giorni precedenti, specificando come il rapporto che lo lega a Jimmy sia ottimo e contraddistinto da una grande amicizia e rispetto professionale, aggiungendo che proprio il 23 sia stato fondamentale per poter aumentare la propria conoscenza della Lega e di moltissime situazioni nelle quali lo stesso Bam si definiva carente, tra tutte la capacità di ottenere falli e controllare il gioco.
Spazio speciale va riservato però all’incredibile rapporto che lo lega a sua madre, ed è lui stesso a volerlo raccontare, noi vogliamo credere, quasi come riconoscimento per tutto quello che ha fatto per lui:
“Mia madre era incredibile si svegliava ogni giorno alle 6 e tornava la sera alle 20 per andare a lavorare e garantirmi la possibilità di studiare, ma era anche la prima che mi ricordava da dove venivamo e tutti gli sforzi che avevamo fatto, sottolineando come spesso è diverso ciò che vuoi da ciò di cui hai realmente bisogno.
Il numero 13 fu una scelta in suo onore, era il numero che indossava al liceo quando anche lei giocava a basket e ricordo ancora che quando le regalai una casa nuova, per ripagarla di tutti i suoi sforzi, al momento del suo ingresso dovetti uscire per non farmi vedere mentre scoppiavo in lacrime, cosa che mi capita in pochissime situazioni”.
Sono parole non scontate di un ragazzo che, oltre ad essere estremamente riconoscente verso chi lo ha portato ad essere la persona che è oggi, cerca di poter trasmettere la stessa fortuna a giovani bambini o ragazzi che non hanno molte possibilità, esaudendo per esempio i desideri che questi scrivono sulle proprie lettere a Babbo Natale, perché:
“Anche loro devono avere la possibilità di credere nei propri sogni”.
Di giocatori forti ne nascono molti, con i valori di Bam Adebayo un po’meno.
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