Non è nella Hall of Fame, non ha mai giocato una partita dell’All-Star Game, ha 71 anni ed è circa 30 cm più basso rispetto alla maggior parte delle stelle NBA. Di chi stiamo parlando? Provate a cercare un patrimonio NBA più duraturo di David Stern.
Le partite sono per i giocatori, e nessuno lo ha capito meglio del Commissioner che andrà in pensione oggi, dopo esattamente 30 anni di lavoro. La lega di pallacanestro più bella del mondo è diventata tale grazie alle prodezze di Bird e Magic, Kobe e Shaq, Michael Jordan e ora Lebron James, ma non dobbiamo dimenticare di includere nella lista David Stern.
Una lega che prima del suo arrivo faceva fatica ad affermarsi, ma che oggi è la più popolare al mondo, con ricavi pari a 5.5 miliardi di dollari, con gli atleti più pagati dello sport. Uno studio del 1982 suggeriva che il 75% dei giocatori faceva uso di droghe. Stern è riuscito ad abbattere questa percentuale con l’introduzione di norme antidroga severe. Ora Stern a 71 anni, passerà la sua eredità al Deputy Commissioner, ossia al vice Adam Silver, il suo aiutante di lunga data. Stern lascia in silenzio, rifiutando la maggior parte delle richieste di interviste, perchè non è interessato a discutere di se stesso. Gli amanti di questo sport non possono dimenticare quello che il Commissioner ha fatto per la NBA.
Dopo aver studiato alla Columbia Law School David Stern divenne avvocato e si unì alla lega nel 1978, come consigliere generale della NBA, poi nel 1980 divenne vice presidente esecutivo e il 1° febbraio 1984 prese in mano il campionato e divenne il quarto “commissario” nella storia della NBA, succedendo a Larry O’Brien.
Per Stern è stato un lungo e tortuoso viaggio che lo ha portato in molti paesi e in diversi continenti, dove ha aiutato la NBA a diventare l’epicentro dell’attenzione globale. “Quello che ha fatto per questa lega è senza precedenti. Quello che ha fatto a livello mondiale è incredibile, si merita davvero il premio Nobel per la pace” ha detto Donnie Nelson, ex cestista degli anni ’60-70 che ha vestito le canotte di Lakers e Celtics. “A mio parere è il miglior commissioner nella storia dello sport. Ho il più profondo rispetto e ammirazione per lui”.
“Eravamo una lega di seconda categoria, che non aveva le Finals in TV”, ha detto il proprietario dei Dallas Maverick Mark Cuban. “Ora siamo lo sport più popolare al mondo. E questo è grazie a lui”.
Secondo la rivista Forbes, durante la stagione 1982-83, l’ultima stagione prima che Stern diventasse il commissario della lega, i ricavi della NBA erano di 118 milioni di dollari. L’anno scorso, grazie a tutti gli accordi stretti da Stern con le televisioni e con i tanti sponsor, le entrate della lega sono ammontate a 4.6 miliardi di dollari.
Più team, più posti di lavoro, più soldi. Durante il mandato di Stern, la NBA si è arricchita con altre 7 squadre che ha portato il suo totale a 30 e 6 franchigie si sono trasferite. I diritti televisivi del basket americano sono sbarcati in 215 paesi e territori ed i suoi ricavi sono aumentati di 30 volte. Gli stipendi dei giocatori sono saliti a una media di più di 5 milioni di dollari a stagione e i ricavi dalle TV nazionali ammonta a 930 milioni di dollari annui.
Non scordiamo cosa David Stern ha fatto al lockout del 1998-1999. Ma soprattutto quello che ha fatto al secondo lockout della storia della NBA, quello del 2011, quando scelse il braccio di ferro per fare chiarezza sul tema della divisione degli introiti. I presidenti delle franchigie volevano ridimensionare il salary cap, ossia il tetto salariale degli stipendi, perchè avevano registrato perdite per 370 milioni di dollari negli ultimi anni. Prima del 2011 il 57% dei ricavi della lega NBA era destinato agli stipendi degli atleti, ma con il nuovo contratto collettivo, la divisione degli introiti è stata stabilita a 50-50 e ciò ha permesso ai proprietari delle franchigie di salvare 280 milioni di dollari l’anno in costi salariali.
Nella National Basket Association ci sarà sempre posto per David Stern, lui che ha lasciato un segno indelebile nella storia di questo sport, ripulendo l’immagine della NBA dall’esser solo basket di strada.