Siamo a Belle nel novembre del1975 in una cittadina della Virginia Occidentale, sembra un giorno come un altro, se non fosse che in quella data venne alla luce un cioccolatino dal sapore diverso, un bianco che è entrato nel cuore di tutti i tifosi della NBA, nasceva sua “dolcezza” Jason Williams.
La città di Sacramento pur essendo la capitale della California non aveva mai avuto alcuna rilevanza nella lega americana. Il playmaker scelto con il numero 7 al draft dai Kings, al suo debutto in NBA ebbe la fortuna di giocare con campioni come Divac, Webber e Anderson.
Con lui divennero una squadra da playoff e in una sola stagione la sua maglia col numero 55 era al terzo posto tra le più vendute in NBA. Passaggi dietro la schiena, palleggi insensati, giochetti e crossover da campetto che solo in parte si erano già visti da qualche collega predecessore come Maravich o Johnson. Ciò che però risaltava di più in lui era Il colore della pelle (bianco). Da lì il soprannome “white chocolate“, quasi come avesse una doppia pelle o un doppio strato dentro di sé.
I passaggi e le giocate spettacolari di Jason fecero impazzire tutti i tifosi, anche quelli delle altre squadre, ma non bastarono a convincere la dirigenza dei Kings a mantenerlo nel roster, poiché era considerato più un giocatore da showtime piuttosto che un campione (e come dargli torto).
Così nel 2001 fu scambiato con Mike Bibby di Memphis, play meno spettacolare ma più concreto. Il passaggio ai Grizzlies all’inizio non andò giù a Williams, che come era solito fare, non esitò a polemizzare in alcune interviste la mediocrità della sua nuova franchigia. Non tutti i mali vengono per nuocere però, e J-Will modificò il suo gioco per far sì che la squadra del Tennessee divenisse più competitiva.
Nonostante ciò non tornò più lo stesso, il titolo vinto qualche anno dopo ai Miami Heat di Wade e O’Neal poco importava ai suoi sostenitori, l’essenza del cioccolatino bianco che aveva incantato la California si era persa del tutto. Mai prima di lui una guardia tiratrice “bianca” aveva giocato da nero. Si erano visti tantissimi talenti come Bird, Maravich e Petrovic, ma Jason era quello che al giorno d’oggi si può considerare un vero e proprio “nigga”.
Tutti gli amanti della NBA ricordiamo un evento in particolare:
Era il 2000, All-Star Game di Oakland. A un certo punto è come se un battito d’ali di una farfalla avesse sconvolto un intero stadio. Una cosa mai vista. Jason Williams, ragazzaccio dei Kings, passa la palla indietro con un colpo di gomito (elbow pass) a un compagno davanti a un incredulo Lamar Odom. Dieci, cento, mille replay. nemmeno ESPN e tutte le tv mondiali capivano cosa fosse successo in quel campetto, tranne lui. Il bianco che ha scherzato e divertito tutti nel mondo dei neri.
Claudio Battiato