Dikembe Mutombo Mpolondo Mukamba Jean-Jacques Wamutombo. L’intero nome di uno dei cestisti più forti di sempre in difesa, semplicemente noto come Dikembe Mutombo. Come il suo nome, la sua capacità di difendere sul parquet è valsa per cinque nell’arco della sua carriera, una storia all’insegna di un indice sventolato in faccia agli avversari.

I Signori della NBA: Dikembe Mutombo

Nato a Kinshasa il 25 giugno 1966, nel cuore della Repubblica Democratica del Congo, Dikembe, che significa letteralmente “banana”, cresce in una famiglia numerosa, composta da 9 persone. Mutombo ha quattro fratelli, due sorelle, tutti dall’altezza piuttosto invidiabile.

Come nella maggior parte dei paesi africani, il tasso di povertà e di criminalità è elevato, ma Dikembe vive una vita al di sopra degli standard. Il padre è laureato alla Sorbona di Parigi e preside di più scuole presso le quali il piccolo può studiare. Riceve un’educazione religiosa e fin da piccolo cresce a dismisura, è altissimo, sproporzionato rispetto alla media.

Il padre lo invita pertanto a dedicarsi al basket, ma il ragazzo non ne vuole sapere.

“Non mi piaceva il gioco. Facevo arti marziali ed il portiere di calcio, mi piacevano e mi appagavano. Non vedevo alcun motivo per cui cambiare sport.”

Dopo insistenze del papà però, Dikembe decide un bel giorno di provare.

Un fallimento assoluto! Dopo circa un quarto d’ora, cade faccia a terra, procurandosi un graffio sul mento. Un episodio che gli fa odiare il gioco ancora di più.

Il padre non si da per vinto, insiste arrivando anche al litigio; Dikembe viene praticamente costretto a giocare, ed entra rapidamente nella nazionale dello Zaire di quel tempo, l’attuale Congo.

Mutombo Dikembe

In nazionale gioca anche suo fratello Ilo. Con la maglia dello Zaire, Dikembe viaggia molto ed inizia ad apprendere tutte le piccole sfaccettature del gioco. Un impiegato dell’ambasciata americana, Hermann Henning, nota il suo stile e la sua altezza, e lo presenta a Thompson, coach di Georgetown University. L’offerta di una borsa di studio, è quasi automatica.

Dopo un anno in cui non gioca e si dedica ad apprendere le lingue, entra a far parte della squadra, dando continuità alla grande tradizione di centri dell’università. I fans di Georgetown creano la “rejection row”, letteralmente impazzano per le stoppate di Mutombo ed Alonzo Mourning, altro centro di sicuro avvenire.

Viene chiamato da Denver come quarta scelta assoluta nel 1991, a 25 anni, diventando il giocatore più vecchio nel draft NBA. Sin da subito dimostra tutto il suo talento difensivo, vince ripetutamente la classifica di miglior stoppatore, nonostante i suoi limiti in attacco. Nel corso della carriera milita con varie squadre, vincendo per ben quattro volte il premio di NBA Defensive Player of the Year. È secondo di tutti i tempi nell’NBA per stoppate, 3.289, dietro a Hakeem Olajuwon.

In questo senso è celeberrima la sua frase “Not in my house!”, pronunciata facendo no con l’indice dopo ogni stoppata, ad indicare che il canestro è casa sua e nessuno può entrarvi senza permesso.

Oltre alle cifre e al palmares personale, questo gesto leggendario ha accompagnato l’africano per tutta la sua carriera, in tutte le franchigie in cui è stato: Denver, Philadelphia, Atlanta, New Jersey, New York e Houston.

Dopo il ritiro a causa di un brutto infortunio al ginocchio in età avanzata, il congolese si è dedicato molto per il sociale. Il successo dentro il campo, non gli ha fatto dimenticare la sua famiglia nè la sua patria. Lui e sua moglie Rose, al di là dei due figli, sono i genitori adottivi dei figli appartenenti a due dei fratelli defunti di Mutombo.

Dikembe inoltre fa molta beneficenza in patria. Già eroe nazionale, la sua popolarità è aumentata nel 1996, quando ha donato i soldi per fornire alla squadra nazionale femminile del Congo le uniformi per i Giochi Olimpici. Nel 1999 ha contribuito con 3.000 mila dollari alla creazione di un nuovo ospedale nel paese e ha speso 250 mila dollari in forniture mediche agli ospedali esistenti. Campione dentro e fuori dal campo, non ha mai vinto l’anello, ma è comunque uno dei Signori della NBA