I Signori della NBA. Di questo titolo, tra campioni del passato e del presente, in pochi lo meritano veramente… I Signori della NBA sono coloro che nella loro carriera hanno lasciato o stanno lasciando un segno indelebile nella storia di questo gioco e, tra la schiera di potenziali atleti che attualmente possono fregiarsi di questo “titolo nobiliare cestistico” è presente sicuramente Carmelo Anthony, da molti non apprezzato e considerato non degno di far parte di questa lista d’elitè di giocatori per via del suo smisurato egocentrismo sul parquet e per non essere mai stato in grado fino ad ora di vincere un anello. Ma per essere un Signore della NBA non basta, o perlomeno non è necessario, aver vinto un titolo, l’importante è lasciare un segno nella mente e nei cuori degli appassionati ed Anthony è uno di quelli che ci sta riuscendo alla grande. Uno come lui o lo ami o lo odi. E io lo amo, lo amo immensamente e con questo articolo voglio provare a far cambiare idea a molti e magari chi lo sa, farlo apprezzare per quello che merita davvero.

Carmelo Kiyan Anthony nasce a Brooklyn, New York il 29 maggio 1984 e, come molti altri grandi giocatori è accomunato da un’infanzia molto difficile. Perde il padre, di cui porta il nome, a soli 2 anni per cancro e a 8 si trasferisce con la madre a Baltimora ed è qui che Anthony inizia a scoprire il suo sconfinato talento, oltre a quello per la sopravvivenza perchè nel quartiere in cui cresce, tra un canestro e l’altro, rapine, risse e sparatorie sono all’ordine del giorno.

Per Carmelo il basket è stato il padre che non ha mai avuto, sviandolo da cattive compagnie e un futuro all’insegna della delinquenza. Tutto questo ha forgiato il giovane Melo nella mente e nello spirito.

Quando hai un talento come il suo e ami questo sport sei pronto a mille sacrifici e Melo al liceo per i primi 3 anni ogni mattina prende il treno per la Towson Catholic High School che si trova in un sobborgo del Maryland lontano dalle poco sicure strade di Baltimora. Di anno in anno Anthony migliora paurosamente fino ad essere eletto nel 2001 miglior giocatore dell’anno dalla Catholic Baltimore League, grazie ai 21.7 punti e 7.4 assist di media; per poi trasferirsi nel suo ultimo anno da liceale alla Oak Hill Academy, in Virginia.

Siccome lui è un vincente nella mentalità e nello spirito lavora duro per migliorare sempre di più, il che lo porta a essere inserito nel Miglior Quintetto Liceale d’America e inizia ad essere conosciuto dagli appassionati. L’ultimo step per una giovane promessa come lui è il college e lui sceglie di andare a Syracuse, con la quale inanella stagioni folgoranti a livello personale che culminarono con la vittoria del campionato NCAA.

 

Per Anthony gli analisti prevedono un futuro in NBA da fuoriclasse e nel Draft del 2003 ha buone possibilità di essere chiamato come prima scelta, non fosse per il fatto che per quel Draft si dichiarò eleggibile oltre a Melo anche un certo LeBron James, con il quale già dal liceo esisteva un certo dualismo continuato al college e poi in NBA. Alla fine viene scelto 3° dai Denver Nuggets, coi Pistons che anni dopo si mangeranno le mani per aver scelto come seconda scelta Darko Milicic e essersi fatto scappare uno come Anthony.

A Denver Melo sembra trovare subito il feeling giusto con l’NBA e la sua stagione da Rookie è a dir poco stratosferica, il ragazzo di origini portoricane chiude con 21 punti di media, primo dei Rookie davanti al rivale e amico James, porta Denver ai Playoffs dopo quasi dieci anni, ma ciò non basta al giovane campione per vincere il premio “Rookie of the Year” che va nelle mani di LeBron, con non poche polemiche, visto che i Cavs non raggiungono nemmeno la Post-season.

Di stagione in stagione Carmelo si afferma nella lega come Superstar e migliore giocatore al mondo nell’uno contro uno palla in mano, ma nonostante eccellenti stagioni a livello personale e convocazioni su convocazioni all’All-Star Game e 2 Ori Olimpici con la nazionale a stelle e strisce, non riesce mai a centrare l’obiettivo Titolo. Questa cosa non fà altro che far aumentare i suoi detrattori, i quali rimproverano al newyorchese di essere un accentratore di gioco e non essere il leader che può e deve essere con il talento e il carattere che si ritrova.

Anthony decide di cambiare aria e nel febbraio 2011 torna nella sua New York per provare a portare l’anello nella Big Apple.

Anche qui il ragazzo ha gli occhi di tutti addosso e, nonostante le sue super prestazioni la squadra non riesce mai a fare l’ultimo salto di qualità per vincere. Siamo nell’estate 2014 e ora Carmelo ha deciso che sarà un Knicks a vita, convinto dai soldi sicuramente, ma anche dall’arrivo di uno come Phil Jackson, uno che nella sua vita ha vinto 11 titoli, uno che è riuscito a far elevare Kobe Bryant, accusato anche lui di essere un accentratore di gioco.

Vedremo se Carmelo riuscirà a dimostrare al mondo di essere in grado di vincere a New York, per il momento possiamo solo deliziarci gli occhi con le sue magie e il suo smisurato talento e, forse è proprio il talento il suo più grande problema. Avere un dono così grande e non riuscire a utilizzarlo nella maniera giusta, perchè è questa la sensazione che si ha se si riscorre la sua carriera, la carriera di un fuoriclasse che non è riuscito fino ad ora a dimostrare al mondo che lui è un Signore della NBA. Melo, It’s time to rise!

Giuseppe Viggiano @GiuseV7