Cosa ci vuole per un piccolo uomo dominare la NBA? Nel caso di Allen Iverson la risposta è talento esagerato, fiducia in se stessi e grande cuore. Ci sono delle partite che si vanno a vedere solo perchè ci sono certi giocat0ri in campo, quelli che hanno quel senso di sfida continua, che appartiene spesso agli afroamericani… che appartiene a Allen Iverson.
Allen Ezail Iverson è cresciuto a Hampton, Virginia, il 7 giugno del 1975. La sua famiglia appartiene al ghetto e ovviamente ne condivide tutti i problemi: sua madre Ann, all’età di 15 anni si innamorò di un ragazzo del quartiere e rimase incinta. Questo ragazzo restò con lei fino al momento del parto per poi svanire nel nulla; Ann, che ne era innamorata, decise di chiamare il neonato come il padre: Allen. Nel quartiere il giovane Allen era conosciuto da tutti come “Bubbachuck“, ossia l’unione dei nomi dei suoi zii.
Lo sport preferito di Allen era il football e… poi c’era il basket. Iverson pensava di avere un futuro nel football, lo sport che amava in assoluto per la strategia, il contatto e la violenza; snobbava il basket perchè lo riteneva troppo “soft”, ma poi grazie all’insistenza della madre, che fu la prima ad accorgersi dell’enorme talento del figlio, si concentrò esclusivamente sulla pallacanestro. Si convinse soprattutto perchè agli allenamenti c’erano i suoi compagni di football. Alla Bethel High School in Newport News Iverson divenne una star sia nel football che nel basket. In quest’ultimo, nel suo secondo anno, infranse il record di stato di 948 punti e aprì la stagione successiva con una prestazione da 37 punti. Fu in questo terzo anno che esplose definitivamente: Allen era incredibilmente veloce fuori dal palleggio, aveva grande visione di gioco e tiro al ferro. I suoi movimenti in cross-over erano semplicemente inarrestabili.
Lo sport divenne per Iverson la via di fuga dalla strada. Fu durante questo periodo che gli affibbiarono il soprannome di “The Answer”, chiamato così perchè i suoi amici dissero che era la risposta a molte partite di basket, inoltre il modello delle sue scarpe si chiamavano “The Question”, e alle tante domane bisogna pur dare delle risposte.
A San Valentino del 1993 però, il cielo improvvisamente oscurò il futuro di Iverson. Dopo aver incontrato alcuni amici in un bowling per fare baldoria, alcuni ragazzi bianchi incominciarono ad insultarlo e poi passarono alle vie di fatto, facendo scoppiare una mega rissa. Arrivata la polizia la situazione si placò, ma la stella di football e basket fu arrestato con altre 4 persone con l’accusa di aver provocato la scazzottata e tirato una sedia in testa ad una ragazza. Il video delle telecamere del bowling non testimoniarono mai tutto ciò.
Ciò nonostante, i testimoni cambiarono un paio di versioni prima di accusarlo e inoltre il giudice Nelson Overton, che era un vero conservatore del sud-est della Virginia e che non aveva alcuna simpatia per Iverson, il suo passato e il suo talento, lo condannò per una pena detentiva di 5 anni. Iverson doveva iniziare il suo anno da senior a Bethel, invece indossava l’uniforme della Newport News City Farm. Una borsa di studio non era più possibile.
Il caso catturò l’attenzione di tutti e le persone di Newport News iniziarono un movimento di protesta per liberare Iverson, il quale trascorse così solo 4 mesi di prigione, prima di essere perdonato dal governatore Douglas Wilder, che era nero. Iverson fu visto dalla gran parte dell’America bianca come un criminale condannato che era uscito di prigione solo perchè un uomo nero era governatore del suo stato. La pubblicità negativa che lo aveva circondato spaventò molti college, così toccò a mamma Ann supplicare John Thompson, il leggendario coach della Georgetown University. Allen fece una bella impressione agli occhi del coach e così decise di prenderlo. Ripagò la fiducia di Thompson giocando con passione e determinazione.
Dopo due anni Allen decise che era giunta l’ora di fare il grande passo e si dicharò eleggibile per il draft NBA del 1996. Non appena i Sixers vennero a sapere di essere in possesso della prima scelta assoluta, lo chiamarono immediatamente. Approdato in NBA Iverson si immerse nella cultura hip-hop, e ciò divenne una figura molto controversa nel basket. Il suo abbigliamento lo rendevano un gangster-rapper ed era anche uno dei primi giocatori ad avere le treccine, un taglio di capelli che fino a quel tempo era popolare solo in prigione. A peggiorare le cose fu il suo carattere, che lo portava a non rispettare i giocatori più anziani della lega. Nonostante ciò nessuno potrà mai negare il suo immenso talento.
I Sixers grazie a lui si sono trovati improvvisamente una squadra rispettabile, così come i suoi tatuaggi che ammontano a più di 20. Ognuno rappresenta un simbolo della sua vita, uno indica il nome del suo miglior amico d’infanzia, un altro è dedicato alla sua mamma, un altro al suo soprannome. Iverson sul campo non aveva paura di nulla e la sua stagione da rookie divenne una favola e Phildelphia negli anni potè vantarsi di avere uno dei più eccitanti, entusiasmanti, coraggiosi giocatori della NBA.
Oggi è il giorno. Oggi 1 marzo 2014 è il giorno giusto per omaggiare Allen Iverson, il cestista statunitense sempre amato dai tifosi per il suo modo di giocare e adorato in seguito anche come persona. Proprio oggi la numero 3 di Allen Iverson verrà ritirata dai Philadelphia 76ers, la squadra con cui ha fatto la storia. Iverson è uno dei marcatori più prolifici nella storia della NBA nonostante la sua piccola statura (183 cm x 77 Kg); ha portato i 76ers alla prima apparizione alle Finals dal 1983, dall’era Dr J Julius Erving e Moses Malone e si è guadagnato applausi in tutti i palazzetti in cui ha messo piede. The Answer per sempre echeggerà nei cuori della gente di Philadelphia. Dotato di talento sconfinato, è stato sempre emozionante da guardare e aveva uno stile appariscente sul parquet che lo rendeva caro ai fans di tutto il mondo.
Uno dei giocatori più rappresentativi che hanno indossato l’uniforme dei Sixers si è ufficialmente ritirato dalla NBA in una conferenza stampa che si è tenuta il 30 ottobre 2013. Ha chiuso con un bottino di 722 partite (sesto di tutti i tempi) e ha giocato 29879 minuti (secondo di tutti i tempi) con i Sixers, con una media di 27.6 punti a partita, alla pari con Wilt Chamberlain per la media punti più alta nella storia della franchigia.
La carriera di Iverson include momenti indelebili, compreso il suo famoso crossover su Michael Jordan durante la sua stagione da rookie e il suo step-over su Tyronn Lue durante gara-1 delle NBA Finals del 2001, o la sfida incredibile a colpi di punti con Carter nei 7 match dei playoffs sempre nel 2001.
Iverson è tra i migliori tre giocatori della storia dei Philadelphia 76ers per quanto riguarda i tiri dal campo (terzo, 6.962), i tentativi dal campo (secondo, 16.543), i tiri liberi realizzati (secondo, 5.122), i tiri liberi tentati (secondo, 6.576), gli assist (terzo, 4.385), le palle rubate (secondo, 1.644) e i punti (secondo, 19.931). Se questi numeri non bastano per capire la grandezza di Iverson, possiamo anche elencare i suoi trofei:
3 volte MVP della lega (2001, 2002, 2003), 3 All-NBA First Team (1999, 2001, 2005), NBA Rookie of the Year (1997), 11 apparizioni all’NBA All-Star Game (dal 2000 al 2010), 2 NBA All-Star Game MVP (2001, 2005). Ok fermiamoci qui!
Iverson si unirà a Julius Erving (6), Maurice Cheeks (10), Wilt Chamberlain (13), Hal Greer (15), Bobby Jones (24), Billy Cunningham (32) e Charles Barkley (34) come i giocatori con i propri numeri ritirati dalle rispettive franchigie. Se lo è meritato sul campo, dove ha dato tutto fino alla fine.
“Finchè lasci tutto sul campo puoi tornare negli spogliatoi, guardarti allo specchio ed essere orgoglioso per quanto hai fatto, ma se non lo fai è giusto che tu ti senta in colpa”.
Allen Iverson