Mercoledì 28 Ottobre 2015: si è aperta la stagione NBA sia per i New Orleans Pelicans che per i Golden State Warriors, che si sono scontrati nella Oracle Arena, vedendo i ragazzi della Baia avere la meglio per 111-95.
Ma non è questo che ci attrae particolarmente: il duello che infiamma i pensieri del “baskettologo” moderno e stimola le più turpe sinapsi del nostro sistema cerebrale è quello tra Anthony Davis e Steph Curry: i due, probabilmente, sono i giocatori che più influiscono sulle loro squadre nell’intera Lega (tenendo da parte l’androide in maglia Cavs) e, sempre probabilmente, lo faranno per i prossimi 10 anni.
Steph è l’MVP in carica (l’altra notte, per iniziare, ne ha messi 40) ed un tiratore formidabile, con caviglie di cristallo – praticamente inadatte per il gioco – e mira eccelsa. Anthony Davis è l’universalità cestistica racchiusa in un solo uomo. Elencare le sue qualità sarebbe oltraggioso per i suoi colleghi ma, informandovi che ha acquisito anche una dimensione perimetrale abbastanza pericolosa, dovrebbe suonare già come un campanello d’allarme in ottica futura!
Curry è un giocatore in totale ascesa e sull’onda della gloria: è stato il più influente a livello commerciale nel 2015 con un numero mostruoso di canotte vendute, tuttavia – secondo i General Manager della NBA – l’uomo franchigia con cui ripartire sarebbe il 23 dei Pelicans (dati che arrivano dal GM Survey della NBA: l’86.2% ha votato a favore di Anthony Davis).
Steph, d’altra parte, è probabilmente l’arma offensiva più pericolosa che esista al mondo in questo momento del basket odierno: il suo 44.05% di triple realizzate segna la terza miglior percentuale di sempre nella storia della NBA e difendere su di lui non è assolutamente possibile. Proprio Anthony Davis ne ha fatto le spese nella serie di Playoffs dominata dai Warriors lo scorso anno, rendendosi conto di quanto letale sia Curry da ogni posizione.
Ti punta e in una frazione di secondo può decidere cosa fare: tiro immediato, finta di penetrazione e step-back, penetrazione per attaccare il ferro. Il ragazzo da Kentucky non ha potuto granché lo scorso anno, nonostante sia risaputo di quanto forte difensivamente sia lo stesso Davis. Piccola nota a margine: la scorsa notte si è rifatto con una stoppata che ha cancellato la stellina di Akron dal tabellone.
L’agilità di “The Brow” è un punto a suo favore e non può far altro che mettere in luce la stranezza di un ragazzo di 208 cm che mette palla a terra come una guardia, va veloce come un’ala piccola, gioca in post basso come un centro, ma gioca da ala grande. Stranezza, ed al contempo grandezza di un personaggio quasi mitologico, completo su ogni fronte del campo.
Per darvi un’idea: Davis rientra nella cerchia degli undici giocatori nella storia NBA che hanno chiuso una stagione ad almeno 24 punti, 10 rimbalzi, 2.5 stoppate ed 1.4 palle rubate di media, al fianco di Chamberlain, Olajuwon, Michael Jordan, Abdul–Jabbar e pochi altri.
Si muove come un ghepardo, ha una mano fatata ma soprattutto è il leader indiscusso della sua squadra a soli 22 anni!
Sono gli eroi contemporanei pronti a ricevere in mano il testimone dai vari Duncan e James, Parker e Wade che si sono dati battaglia per tanti anni. Inizia una nuova era: l’era delle braccia lunghe e delle point-guard dominanti, che si spingono oltre la fisica, oltre la tattica. L’era dei perimetri e dei lunghi che fanno le guardie, e delle guardie che fanno i tagliafuori.
Chi l’avrà vinta? Intanto i primi Playoffs e la prima stagionale li ha portati a casa Steph ma, se Davis incominciasse ad avere una vera squadra attorno a sé, cosa succederebbe?